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Racconti del passato

Abbiamo fatto un confronto tra i consumi di acqua oggi e nel passato, raccogliendo le memorie storiche degli anziani e dei nostri nonni e facendoci raccontare come avveniva l’approvvigionamento idrico.

 

Ho chiesto alla signora Rosa di 89 anni vissuta a Genova di raccontarmi com'era l'utilizzo dell'acqua ai suoi tempi.

Innanzitutto non esistevano le lavatrici o le lavastoviglie.

Siccome lei abitava in città dice che le case erano dotate di acqua corrente. In pratica in ogni casa all'interno o sul tetto c'erano dei grandi recipienti alimentati dal terriccio idrico comunale. In questi recipienti erano presenti dei galleggianti che servivano a mantenere costante il livello dell'acqua. Quando si rischiava che ce ne fosse troppa, i galleggianti chiudevano il tubo di arrivo dell'acqua. I recipienti contenevano acqua per uno/due mesi e siccome le impurità rimanevano sul fondo, si poteva avere dell'acqua quasi depurata.

Possedevano uno scaldabagno che tuttavia riscaldava solamente una piccola quantità d'acqua.

Coloro che abitavano in campagna avevano dei pozzi che venivano alimentati dall'acqua piovana che ristagnata era filtrata e sempre fresca. Oppure i pozzi potevano essere alimentati da sorgenti o fiumi. In entrambi i casi, chi poteva metteva dei tubi per creare impianti idrici per fare in modo che l'acqua arrivasse dal pozzo direttamente in casa. Chi invece non si poteva permettere ciò, doveva prendere l'acqua dal pozzo con i secchi aiutandosi con le carrucole.

Chiedendo invece a mia nonna Zoila di 75 anni che  vive in Ecuador, mi ha detto che ai suoi tempi ogni paese era dotato di un paio di fontane alle quali ci si recava di prima mattina per riempire dei secchi con almeno 15 litri che dovevano in teoria durare per l'intera giornata. Quando si dovevano lavare, riscaldavano dell'acqua posta in tinozze. Per lavare i panni si recavano ai fiumi oppure nelle grandi città dove erano presenti dei lavatoi.

L'acqua era considerata un bene prezioso e fondamentale e di conseguenza usata con parsimonia e trattata con rispetto.

 

Sara Picuasi 3 L

 

Un tempo procurarsi l’acqua non era così semplice come lo è al giorno d’oggi; l’acqua, nonostante non fosse ancora una risorsa in via di esaurimento come lo è in questi tempi, veniva sempre risparmiata, spesso riutilizzata, e mai sprecata, soprattutto in tempi di guerra, quando mia nonna era una bambina.

Ad esempio mia nonna mi racconta che nel suo paese, Ponte Nossa, che si trova nelle vicinanze di Bergamo, ai tempi della Seconda Guerra Mondiale non c’era un acquedotto comunale che portava fino ai rubinetti di casa l’acqua potabile, ma occorreva andare a prenderla dai pozzi, situati in alcune zone del paese, riempirne grandi secchi e portarseli a casa, dove venivano svuotati in bacinelle per i vari bisogni. Un paio di volte alla settimana, però, a turno lei e i suoi fratelli dovevano tornare in paese a prenderne dell’altra, per non rischiare di rimanere senza.

L’acqua veniva utilizzata solo per le necessità fondamentali quotidiane: bere, cucinare e lavarsi; non era abitudine, precisa la nonna, sprecarne diversi litri solo per bagnare i fiori o irrigare il prato, come invece si fa oggi. Anche quando si trattava di lavarsi il corpo (solo poche volte a settimana) si scaldava un po’ d’acqua sul gas, si riempiva una bagnarola e la famiglia intera poteva finalmente fare un bagno.

Per lavare i panni, invece, ci si recava al lavatoio più vicino e con un po’ di sapone, acqua esclusivamente fredda e “olio di gomito” si rimuoveva lo sporco dai vestiti. In assenza di un lavatoio, si andava al fiume.

Queste azioni per la raccolta dell’acqua richiedevano tanto tempo e fatica ed è sconcertante pensare che mia nonna, come tutti gli altri nonni di quell’epoca, erano “costretti” a compierle sin da piccoli per le difficili circostanze in cui vivevano. Questo fa riflettere molto sul benessere in cui siamo abituati a vivere oggi senza nemmeno rendercene conto.

 

Martina La Rocca 3L

 

Io: Mamma, come vi procuravate l’acqua in casa quando eri piccola?

Mamma: Ce la procuravamo normalmente, prendendola dal rubinetto per tutti gli usi. Vivendo a Nervi (Genova), l’acquedotto raggiungeva la maggioranza delle case. Però la Liguria è una terra povera di fiumi ed i corsi d’acqua sono a regime torrentizio. Ciò comportava stagionali carenze nella distribuzione dell’acqua; infatti è stato solo all’inizio degli anni ’60 che Nervi e le zone limitrofe hanno potuto contare su una maggiore regolarità, grazie alla costruzione dell’invaso del Brugneto (lago artificiale).

Io: Ma c’erano anche altri modi in cui vi fornivate d’acqua?

Mamma: Sì, ogni casa aveva una o più cisterne di pietra, credo ardesia, dove si formavano delle riserve d’acqua: sia quella che arrivava con l’acquedotto che quella piovana. In questo modo si poteva avere l’acqua più o meno sempre, ma per forza di cose si doveva essere parsimoniosi nell’usarla. Comunque c’erano anche fontane pubbliche alle quali le persone che vivevano in collina, ma anche noi, attingevano.

Io: Ti ricordi di persone che avevano difficoltà a procurarsi l’acqua?

Mamma: Certo che sì! Mi ricordo svariati contadini che, coltivando sui terrazzamenti, erano in seria difficoltà, quando pioveva poco, per irrigare le loro coltivazioni. Ma per ovviare a questo problema avevano escogitato il sistema delle cisterne per la raccolta dell’acqua piovana. Me le ricordo bene, erano cisterne molto grandi che si trovavano nei loro terreni. Quell’acqua poi veniva usata appunto per irrigare. Però ricordo bene anche molte donne di Nervi che andavano al torrente a lavare le lenzuola e altri panni che lasciavano ad asciugare sugli enormi sassi delle rive: la lavatrice non esisteva ancora! In casa mia si lavava tutto a mano con il sapone di marsiglia.

Io: Che rapporto avevate con l’acqua?

Mamma: Un rapporto molto semplice: di grande rispetto. L’epoca del consumismo è iniziata solo dopo che ero diventata una ragazza. Lo spreco dell’acqua veniva visto nelle famiglie come qualcosa di impensabile: non ci si lavava i denti facendo correre l’acqua! E sicuramente si facevano meno docce o bagni. E per lo shampoo non parliamone, altro che tutti i giorni! Era sufficiente una volta a settimana (cosa che comunque giovava ai capelli!).

 

Silvia Sonia Sachthey 3L

 

Mio padre, che abitava a Perano (Chieti, in Abruzzo), mi ha raccontato che negli anni ’50 l’acqua se la procuravano da un pozzo che si trovava a 30 metri da casa. L’attingevano con un grande secchio e veniva impiegata per tanti utilizzi: per cucinare, lavarsi e abbeverare le capre, mentre per lavare i panni andavano ad un ruscello vicino. Alcune volte andavano a procurarsi l’acqua in campagna, dove c’erano pozze d’acqua fresca e pulita. Per bagnare l’orto costruivano delle dighe scavando nella terra, utilizzando l’acqua del ruscello; quando l’acqua arrivava al culmine, aprivano la diga e l’acqua straripava sul terreno.

 

Madeleine Berardi 3L

 

Dopo un’intervista a mia nonna Damiana (76 anni) ho scoperto che l’acqua era molto preziosa in passato. Si faceva il bagno in una tinozza unica senza cambiare l’acqua. Ci si lavava dal più piccolo al più grande senza lamentele, anche perché, se ci si lamentava, si rischiava di far arrabbiare la mamma! Mia nonna ha vissuto a Cabiate, un paese vicino a Mariano Comense. Mi ha raccontato che andava quasi sempre lei a lavare i panni nel corso d’acqua poco distante da casa. Bisognava scendere al fiume presto altrimenti i sassi migliori su cui sfregare i vestiti li occupavano le altre donne. Insomma, l’acqua era poco utilizzata, non come oggi che per lavare i denti sprechiamo più litri d’acqua ogni volta!

 

Tecla Longoni 3L

 

Intervista ai nonni che vivono in Puglia

1) Era difficile raccogliere l'acqua e conservarla?

Ai miei tempi si faticava molto per raccogliere, trasportare e conservare l'acqua perché non esistevano tutti gli strumenti e le tecnologie di oggi.

2) Che metodi venivano utilizzati per la raccolta dell'acqua?

In quasi tutte le campagne i contadini scavavano nella terra (andando in profondità) delle buche molto larghe finché non si raggiungeva la falda acquifera. Una volta trovata, il contadino rivestiva il pozzo con delle pietre per non far franare la terra e quindi si aspettava che si riempisse. Attraverso i secchi si prendeva l'acqua. Tutto questo lavoro era molto faticoso perché si usavano solo pale e picconi, senza trivelle come si usa oggi.

3) Nelle campagne c'erano altri sistemi di raccolta dell'acqua?

Chi non riusciva a costruirsi dei pozzi o cisterne, scavava nelle proprie terre diversi canali, non tanto profondi, per permettere all'acqua piovana di depositarsi e farla confluire in un'enorme buca generale.

Questo deposito d'acqua veniva utilizzato per irrigare le coltivazioni.

4) In paese era diverso il modo di raccolta dell'acqua?

Nei paesi, nella maggior parte delle case, sulle terrazze venivano costruiti dei piccoli canali di scolo che permettevano di far arrivare l'acqua verso il basso dentro delle cisterne, precedentemente costruite. Una volta dentro le cisterne si lasciava decantare l'acqua, cioè si faceva "riposare" in modo che l'acqua si pulisse un po' dalle scorie e dopo di che tale acqua si poteva utilizzare per gli alimenti, per la pulizia della casa e per l'igiene personale.

5) Chi non aveva queste cisterne nelle case come faceva?

Le persone che non avevano le cisterne erano costrette ad andare nelle fontane del paese, ce n'erano quasi in tutte le strade e con contenitori di diversa misura trasportare l'acqua nelle abitazioni.

Quindi si faceva molta fatica perché chi non aveva un mezzo di trasporto doveva trasportarli a mano. Era acqua proveniente dalle falde acquifere per cui buona da bere e cucinare. Per il bucato c'erano i lavatoi pubblici con enormi contenitori in cui le donne lavavano i panni.

6) Come si faceva per lavarsi?

Siccome ai nostri tempi non c'erano docce, per lavarsi usavano delle grosse bacinelle che venivano riempite d'acqua (in inverno si scaldava in grandi pentoloni, mentre d'estate si lasciava sotto il sole per farla riscaldare) e se l'acqua non era troppo sporca, veniva riutilizzata da un'altra persona. In estate, se non si voleva usare la bacinella, si andava presso le rive dei fiumi, dei torrenti o del mare.

 

Mattia Gioia 3L

 

Nonna Amelia (75 anni): solo i ricchi potevano usufruire dell’acqua potabile in casa. Fortunatamente Lambrugo era ricca di fontane dove la gente andava a raccogliere l’acqua per bere e cucinare. Per fare la doccia si prendeva l’acqua in secchi, si faceva scaldare e si metteva nel mastello (una botte) con cui ci si lavava. I vestiti si insaponavano nei secchi a casa e poi si andavano a lavare alla fontana. Chi aveva fattorie, raccoglieva anche l’acqua per dissetare gli animali.

Nonno Rodolfo (75 anni): quando abitavo a Brescia avevo un fiume a 50 m da casa, perciò io e i miei fratelli prendevamo lì l’acqua da bere e, tempo permettendo, ci lavavamo. In casa tenevano un secchio d’acqua attaccato al muro dove chi aveva sete prendeva il mestolino e beveva.

 

Elisa Nicoletti 3L

 

INTERVISTA a Luisa-classe 1942, vissuta a Capriano

Come ti rifornivi di acqua quando eri piccola? Quando ero piccola mi rifornivo di acqua dal pozzo che avevo fuori casa, usando un secchio agganciato ad una catena. Quando pioveva si mettevano dei secchi sotto il canale per prendere l'acqua piovana.

Dove lavavi i vestiti?

Per gli indumenti piccoli si andava alla fontana, mentre le lenzuola si lavavano in un mastello con la cenere e poi la mattina presto si risciacquavano sempre nella fontana, perché a quell'ora l'acqua era più pulita.

Come ti lavavi?

Si riempiva un secchio d'acqua preso dal pozzo che poi si faceva scaldare sul camino in un mastello. Il bagno si faceva una volta alla settimana, solitamente il sabato.

Come erano i servizi igienici in quel periodo?

In quel tempo c'era una latrina in comune con gli altri vicini di casa alla fine della via e consisteva in un buco comunicante con una cisterna che veniva svuotata regolarmente dai contadini.

Cosa pensi dello spreco d'acqua del giorno d'oggi?

Secondo me oggi c'è uno spreco eccessivo d'acqua, ma le abitudini e le esigenze sono cambiate rispetto ad una sessantina di anni fa.

 

Noemi Cologni classe 3M

 

Negli anni Trenta del secolo scorso l'utilizzo dell'acqua nelle case era molto diverso dai nostri tempi. In città si usava un rubinetto di acqua potabile che veniva condiviso da tutto il vicinato. Invece nelle campagne l'acqua si prelevava da un pozzo con la carrucola e  il secchio. Per lavarsi si prendeva il mastello che, in precedenza, era stato riempito con acqua  e, se era inverno, l'acqua si faceva scaldare in un pentolone, se era estate si lasciava fredda. Tutte le volte che una persona faceva il bagno, l'acqua veniva cambiata; se però la persona non era tanto sporca, si teneva quella anche per far lavare l'altra persona. Si poteva fare il bagno nelle acque dei fiumi, perché erano pulitissime.

Allora la fogna non esisteva. Gli scarichi finivano in un pozzo perdente, in cortile, che poi veniva svuotato con appositi macchinari, che una volta chiamavano “brunsa”.

Un tempo l’acqua minerale non esisteva, si beveva quella prelevata dalle pompe che c'erano in giardino: si riempiva un secchio d'acqua e  poi lo si metteva davanti alla porta di casa e  tutte le volte che qualcuno aveva sete, andava sulla porta e  con un mestolo prendeva l'acqua e la beveva.

Il ghiaccio serviva per conservare i cibi: esso si metteva nelle ghiacciaie, che erano delle buche scavate nel terreno, fatte vicino agli alberi, dove si infilava il ghiaccio. Poi la buca veniva coperta con la paglia, così il ghiaccio stava all'ombra.

 

Jennifer Middioni  3M

 

L’acqua è alla base di ogni ecosistema e di ogni forma di vita presente sulla terra.

Senz’acqua non c’è vita, per questo è importante saperla preservare ed utilizzare nella maniera corretta senza sprecarla inutilmente.

Oggi viviamo in un mondo dove basta aprire un rubinetto per avere acqua calda e fredda in base alla nostra volontà; abbiamo acqua corrente per lavarci, lavare gli indumenti, cucinare, irrigare e molto altro ancora. Un tempo però l’acqua non era alla portata di tutti.

Settant’anni fa in Italia l’acqua era preziosa e si cercava di non consumarla. Intervistando gli anziani ci accorgiamo che in base alla zona di provenienza la situazione cambiava radicalmente.

Per quanto riguarda il nord Italia (Lombardia), l’acqua corrente era presente solamente nelle città e nel limite del possibile anche in abbondanza. Nelle campagne l’acqua si attingeva dai pozzi e per i più ricchi era disponibile l’acqua corrente, anche se in entrambi i casi non c’era acqua calda, ma bisognava riscaldarla per poi utilizzarla.

Per quanto riguarda la conservazione del cibo per i paesi e per le città passavano uomini incaricati di tagliare e vendere blocchi di ghiaccio che venivano messi nelle cantine per poter tenere al fresco i cibi.

Per il sud Italia (Puglia, Torre Lapillo) la situazione era peggiore: l’acqua si estraeva dai pozzi anche se il livello dell’acqua tendeva a diminuire durante l’estate. Gli alimenti inizialmente si conservavano gettandoli nell’acqua, successivamente iniziarono anche lì a vendere i blocchi di ghiaccio che si inserivano in sacchi di juta e venivano messi in stanze al buio per non far passare il sole.

Tra tutte le testimonianze raccolte la migliore rimane quella di mia Nonna Annie che abitava all’estero (precisamente Vichi, Francia 1940-1945), la quale oltre ad avere l’acqua corrente aveva anche il boiler per l’acqua calda e delle ghiacciaie semi-ermetiche per conservare gli alimenti,

Qualsiasi fosse la zona di provenienza, tutti concordano dicendo che l’acqua era preziosa e non veniva sprecata inutilmente come si fa oggi.

Bisogna guardare indietro e cercare di rispettare la semplicità e le cose fondamentali come l’acqua.

 

Civati Céline e Martina Sala 3L

 

Quando mia nonna era una ragazzina abitava in Puglia, in un piccolo paese vicino alla costa. Erano tempi duri, c’era la Seconda Guerra Mondiale: l’economia era in crisi e il cibo, come l’acqua , scarseggiava.

Mi ha raccontato che l’acqua corrente non era presente in tutte le case, ma solo in quelle delle famiglie benestanti e  lei, essendo figlia di un operaio, era costretta a recarsi al pozzo dove, come la maggior parte delle ragazze di umile famiglia della sua età, attingeva l’acqua dal fondo con un secchio. Mi ha detto anche che doveva fare più viaggi al giorno sotto il sole, la pioggia e d’inverno anche la neve.

Mio nonno invece abitava a Erba e anche lui, come mia nonna, non aveva l’acqua corrente. Lui, le sue sorelle e i suoi fratelli dovevano andare al pozzo comune. Inoltre a Erba c’era un lavatoio dove tutte le mamme e le nonne andavano per lavare i panni. Quello era lo stesso lavatoio (vedi foto sotto) che nel 1944 fu bombardato dagli Alleati a causa di un errore di valutazione delle coordinate. Riguardo questo argomento mi ha raccontato che la mia bisnonna si recava tutti i giorni al lavatoio: per fortuna quel 30 dicembre, per motivi che mio nonno non ricorda, non ci andò. I bombardamenti provocarono danni ingenti anche all’acqua del pozzo.

 

 

Anna Brusa  3L

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Intervista a mia nonna Ivana (classe 1937). Come si procurava l’acqua da giovane?

Ho chiesto a mia nonna come faceva a procurarsi l’acqua quando era giovane, lei mi ha raccontato che ai suoi tempi non c’era l’acqua corrente.

Lei viveva in campagna nei pressi di Arosio in una cascina ed ogni famiglia possedeva un pozzo. Questo favoriva di molto le condizioni di igiene, ma purtroppo l’acqua del pozzo non era potabile, infatti lì si lavavano i vestiti e le cose utili in casa.

L’acqua potabile era necessario andarla a prendere in una sorgente non lontana da dove abitava: mi ha raccontato che suo fratello maggiore andava a riempire un buon numero di brocche alla sorgente, in modo tale da avere una scorta da utilizzare per più giorni.

I cibi non venivano congelati poiché non esistevano i congelatori, solo poche volte si faceva uso delle ghiacciaie che erano presenti in cantina. Le ghiacciaie erano appunto situate in cantina, sostanzialmente erano dei blocchi di ghiaccio che erano posizionati in alcuni contenitori insieme alla carne o altri cibi che potevano essere congelati. Il ghiaccio veniva comprato, infatti esisteva il commercio del ghiaccio. Le cantine inoltre dovevano essere molto fredde.

 

Federica Confuorto 3L

 

 

Da sempre l’acqua è stato un elemento fondamentale per gli esseri viventi; infatti, come diceva Talete, senz’acqua non si vive. In passato non era facile procurarsi l’acqua. Mia nonna Agnese vissuta negli anni ’40 a Erba mi ha raccontato di quanto fosse un impegno andare a prendere l’acqua. Ogni mattina si alzava di buona lena e si recava al pozzo per riempire i secchi che trasportava fino a casa. L’acqua veniva usata  per cucinare, ma anche per lavarsi e siccome era fredda, la faceva bollire per scaldarla. Per lavare, la maggior parte delle volte andava alla roggia, che equivarrebbe al lavatoio. Cercava di non tardare mai per lavare i vestiti perché altrimenti i posti migliori venivano presi. Mia nonna aveva delle ghiacciaie per mantenere in fresco i cibi. Le ghiacciaie erano dei luoghi fatti apposta per poter posizionare dei blocchi di ghiaccio affinché non si sciogliessero.

 

Linda Valaperta 3L

 

 

Agli inizi del secolo scorso, le condizioni abitative determinavano anche una diversa disponibilità dell’acqua.

Le famiglie più ricche potevano contare su un approvvigionamento d’acqua privato e servizi igienici di buona qualità per l’epoca.

Diversa era la condizione delle famiglie povere, per lo più contadini che vivevano in case coloniche abitate da più famiglie, cioè costruzioni con un cortile interno su cui si affacciavano le varie abitazioni. Un lavatoio o fontana serviva più gruppi di case: le donne si recavano lì ad attingere l’acqua per gli usi domestici (ad esempio cucinare o bere), mentre per lavare il bucato andavano direttamente al lavatoio, attrezzato con una pietra per questo scopo ed abbondante in acqua corrente. Lavare il bucato era anche un punto d’incontro sociale.

Il servizio igienico invece era presente in ogni singola casa colonica e veniva usato da tutte le famiglie. Naturalmente tutti dovevano  preoccuparsi che venisse tenuto pulito con un lavaggio quotidiano.

Durante la notte, per le necessità urgenti, soprattutto durante l’inverno, si ricorreva al pitale (il vaso da notte). Lungo le vie, in luoghi appartati, c’erano servizi pubblici che venivano chiamati “Vespasiani”.

Erba, che come comune è stato proclamato nel 1927, è sempre stata una zona estremamente ricca d’acqua in rogge, fontanili, pozzi e acque sorgive. Perciò l’approvvigionamento idrico non è mai stato un problema; ciò ne ha determinato anche lo sviluppo industriale. Infatti sono sorte numerose filande in cui si allevava il baco da seta e si produceva la seta. L’acqua forniva, anche attraverso i mulini, l’energia per il funzionamento delle macine.

Nelle zone pianeggianti in cui l’acqua ristagnava, veniva prodotto un doppio taglio di fieno utile ad alimentare il bestiame. Ciò ha dato il nome ai Piani d’Erba.

 

                                                        Francesco Panarello Classe 4’ L

 

Per realizzare un confronto tra l’utilizzo dell’acqua oggi e ieri, ho intervistato mia nonna Maria Grazia.

Oggi l’acqua è presente nelle nostre case, sia calda che fredda, e può essere impiegata in vari modi, però a volte si tende a sprecarla pensando che sia infinita, ma purtroppo non è così.

Mia nonna mi ha raccontato che l’acqua, ai suoi tempi, non era in casa. Nel condominio in cui abitava, tutte le famiglie dovevano uscire per prendere i contenitori dell’acqua, soprattutto piovana, sul pianerottolo.

Per quanto riguardava il lavarsi, non c’erano le docce, bisognava lavarsi in mastelli, a volte anche di metallo perché assorbivano meglio il calore, con l’acqua riscaldata al sole o sulla stufa. L’acqua sporca veniva buttata solo dopo che il membro più vecchio della famiglia si era lavato, a volte ci si lavava nello stesso mastello contemporaneamente.

Per lavare i panni si andava al lavatoio del paese, ottima occasione anche per spettegolare un po’. Per disinfettare si usava la cenere ottenuta dal legno, ma bisognava fare attenzione ai bambini che non finissero nei contenitori della cenere, col rischio di ingerirla e avere problemi di intossicazione.

 

Daniele Bottazzi classe 4L

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